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Rischi della quarantena per i nostri cani

Questa quarantena forzata, quando terminerà, tra i vari strascichi che si porterà dietro ve ne sono anche per i nostri amici a 4 zampe, in particolar modo per i cuccioli.

Moltissimi proprietari di cuccioli adottati all’inizio della quarantena si troveranno ad avere a che fare con due grossi problemi: la mancata socializzazione e abitudine agli stimoli ambientali, e la mancata abitudine del cane a stare casa da solo.

Importanza di una corretta socializzazione e abitudine agli stimoli ambientali in età precoce

Numerosi studi hanno ormai dimostrato la correlazione fra età di adozione (con conseguente lavoro di socializzazione e abitudine agli stimoli ambientali) e problemi comportamentali, sottolineando dunque la necessità di iniziare un percorso adeguato fin dai 60 giorni di vita del cucciolo.

Lo studio più recente, condotto da Olli Jokinen, David Appleby, Sofi Sandbacka-Saxén, Tuulia Appleby, Anna Valros dell’Università di Helsinki, (leggi l’articolo completo sullo studio) ha confrontato cani adulti adottati a 6-7 settimane (6-7), 8 settimane (8), 9-12 settimane (9-12) e a 13-16 settimane (13-16) in relazione a comportamenti di evitamento, ringhio, snapping verso sconosciuti fuori casa e dentro casa e verso cani sconosciuti fuori di casa.
I cani adottati dopo le 8 settimane, ovvero quelli adottati a 9-12 e a 13-16 settimane, hanno avuto una frequenza superiore alle aspettative di comportamenti aggressivi e di evitamento rispetto ai cani adottati in altre fasce di età.
Nello studio effettuato, la maggiore età di adozione è risultata essere collegata ad una maggiore frequenza di comportamenti aggressivi/di evitamento verso persone e cani sconosciuti, sia all’interno che all’esterno dell’abitazione dei cani adulti, un dato che conferma le scoperte precedenti. Appleby et al. (2002) avevano mostrato che i cani adulti adottati dalle 8 settimane in poi da ambienti materni misti erano più propensi a mostrare aggressività verso persone sconosciute fuori casa. Sterry et al. (2005) hanno scoperto che i cani portati alle Puppy classes e adottati prima di 8 settimane avevano una minor tendenza all’aggressività e all’evitamento nei confronti di cani sconosciuti ed era meno probabile che ringhiassero o evitassero ospiti in casa rispetto ai cani portati alle Puppy classes ma adottati a 8 settimane o più.
La capacità di mantenere uno stato di equilibrio emotivo (omeostasi) e quindi di affrontare un ambiente nuovo e vario dimostrando un comportamento fiducioso, è influenzato sia da fattori genetici che ambientali. Riguardo questi ultimi si parla di periodo sensibile, quello cioè durante il quale vi è nell’animale una maggior predisposizione ad avvicinarsi verso persone, cani e oggetti sconosciuti in modo fiducioso, periodo che indicativamente andrebbe dalle 2,5 alle 14 settimane ma secondo studi più recenti questo periodo sarebbe ancora più breve e raggiunge il suo picco fra le 4 e le 8 settimane (Pfaffenberger and Scott, 1976; Markwell and Thorne, 1987; McCune et al., 1995; Appleby, 1999).
Anche se parliamo di età di adozione, in realtà l’aspetto realmente importante non è solo a quale età il cucciolo viene portato a casa, ma a quale età inizia a poter vivere delle corrette esperienze di socializzazione e di conoscenza di nuovi ambienti, e la risposta è già dai 60 giorni.

Chi si è portato a casa il cucciolo all’inizio della quarantena, anche ammettendo che avesse solo 60 giorni, si ritrova ora con un cane abituato solamente all’ambiente domestico e a ciò che si trova fino a circa 200 metri da casa sua, e tutto il resto è un mondo sconosciuto. Anche chi abita in città si è trovato con strade quasi deserte, pochissimo traffico e il cucciolo potrebbe non aver avuto modo di fare tutte quelle esperienze necessarie per diventare un adulto equilibrato e rilassato nel mondo che lo circonderà.
Cosa possono fare i proprietari per limitare i danni? Sbizzarrirsi con le cose che possono avere in casa e in garage per stimolare il cucciolo. Farlo camminare su superfici irregolari e rumorose (anche la carta stagnola che si usa in cucina), delle grate in garage, costruire piccoli percorsi rumorosi sfruttando pentole e coperchi, scaricare da internet registrazioni di traffico, clacson, spari…. Insomma, l’obiettivo è ingegnarsi per sottoporre il cucciolo in modo graduale e sempre positivo, a quanti più stimoli possibili, in modo da favorire lo sviluppo di una maggiore capacità di adattamento alle novità.
Il tutto, come sempre, andrebbe fatto “accompagnati” da un educatore che, grazie alla tecnologia, può aiutare i proprietari attraverso sessioni di consulenza a distanza.

Stando alle notizie dei telegiornali, ci stiamo avviando verso una lenta e graduale riapertura delle attività e quindi verso la normalità. Sarà di estrema importanza per i proprietari accompagnare i cuccioli in modo ancora più graduale alla scoperta del mondo “normale”. Quello che andrà evitato nel modo più assoluto sarà catapultare un cucciolo che ha vissuto due mesi in quarantena nel caos delle città che saranno tornate trafficate, perché il cane potrebbe sviluppare delle forti paure nei confronti di questi nuovi e intensi stimoli ambientali.

Non meno importante dell’abitudine ai rumori delle città, è la socializzazione con altri cani e con persone estranee.
Innanzi tutto va sempre ricordata la distinzione tra l’essere socievoli e l’essere ben socializzati: un cane che salta addosso a tutti quelli che incontra (altri cani o persone) potrà essere molto socievole ma non è ben socializzato, e il suo comportamento potrebbe prima o poi portare anche a conseguenze spiacevoli.
Dobbiamo quindi evitare, terminata la quarantena, di portare i cuccioli a giocare con tutti i cani che si troveranno nelle aree cani che, da sempre, sono pessimi posti per una corretta socializzazione, e saranno ancora peggio alla fine di questo periodo a causa dell’isolamento prolungato a cui sono stati sottoposti i cani.

Il secondo problema è l’abitudine del cane a stare a casa da solo

Il problema in questo caso potrebbe non riguardare solo i cuccioli ma anche i cani adulti che, per due mesi, si sono trovati a vivere 24 ore su 24 con i loro proprietari vicini, con routine completamente stravolte e che di punto in bianco si ritroveranno costretti a restare da soli per molte ore.
Va ricordato che il cane è un animale sociale e restare da solo dunque non è per nulla naturale, tuttavia sono capaci di impararlo e di vivere in serenità anche questi momenti di solitudine. Come per l’abitudine agli stimoli anche in questo caso serve però gradualità, cercando di lasciare il cane da solo per un tempo breve che andrà poi mano a mano aumentato. Sarebbe quindi necessario iniziare a lasciare il cane da solo prima di tornare a lavorare, anche solo il tempo di uscire di casa per gettare la spazzatura, ma facendo uscire tutti i membri della famiglia.
Va posta molta attenzione in particolare verso i cani che tendono a seguire i proprietari per tutta la casa in ogni spostamento, che dormono sul letto o comunque in stanza, che mostrano quindi dei segnali di “dipendenza” dal proprietario che potrebbero diventare un serio problema nel momento in cui verranno lasciati da soli. Prima di scoprire di avere un problema serio, conviene rivolgersi ad un bravo educatore che potrà aiutare i proprietari e i loro cani a prepararsi in modo adeguato a questa separazione.

Lo “stress” e i cani

Leggo sempre più frequentemente post e commenti in cui si condanna come se fosse il male assoluto o quasi ogni forma di attività/situazione che metta un cane in una situazione “”stressante”.

Personalmente trovo che nulla possa giustificare questo atteggiamento che vorrebbe i cani protetti da campane di vetro, tenuti lontani da qualsiasi situazione stressante.
“Tutta la vita è risolvere problemi” ha scritto il filosofo della scienza Karl Popper, ed è proprio così.

Siamo programmati per risolvere problemi, per superare ostacoli e raggiungere obiettivi, e farlo, attivarci e lavorare per raggiungere uno scopo, ci fa stare bene e la cosa avviene anche negli altri animali come i topi, i cavalli e naturalmente i cani.
Quello che accade è che ogni qualvolta ci si impegna e si riesce ad uscire da una situazione difficile o ad ottenere il risultato che si desidera, i livelli di dopamina nel sangue aumentano e questo provoca soddisfazione. A questo punto l’organismo tenterà di trovare altre situazioni per ottenere una nuova scarica di dopamina che viene considerato l’ ”ormone dell’apprendimento”, proprio perché è quello che spinge ad imparare strategie per risolvere problemi.
In un esperimento del 1991 (Salamone et al.) dei ratti messi in condizione di ottenere cibo senza fare nulla o di scegliere di “lavorare” per ottenere cibo più buono, optavano per questa seconda opzione. Se però veniva inibito l’effetto della dopamina, i ratti smettevano di “lavorare” per ottenere il cibo migliore e si accontentavano di quello a disposizione. Insomma, il maggior piacere era dato dal lavoro più che dal cibo stesso.
Un altro studio, sui cavalli, ha mostrato come i livelli di dopamina nel sangue schizzassero in alto quando l’animale riusciva a trovare una soluzione ad una situazione di lieve disagio (S.D. McBride et al. / Applied Animal Behaviour Science 190 (2017) 90–101).

Lo stesso avviene nei nostri cani quando devono capire e impegnarsi per ottenere un premio che desiderano, o quando nelle classi di socializzazione cercano una soluzione per uscire da una situazione difficile con un loro conspecifico. Lo scopo di una classe di socializzazione non è mettere un cane in una situazione idilliaca di pace e amore; durante una passeggiata, salvo che il cane viva in una campana di vetro, gli potrà capitare di trovarsi davanti ad uno o più cani liberi sconosciuti e magari non ottimamente socializzati, perché la vita reale non è perfetta. Ecco perché in una classe diventa fondamentale creare delle situazioni anche impegnative ma controllate in cui i cani abbiano la possibilità di sviluppare nuove strategie utili ed efficaci nella vita reale, permettendo loro di provare la gratificazione data dalla dopamina e di accrescere la propria autostima.
 
​​L’idea proposta da certa “cinofilia” contraria all’addestramento perché non rispettoso della personalità del cane, o che vorrebbe tenerlo al riparo da ogni stress, non ha a mio avviso nessuna giustificazione etologica o biologica.
Non solo tutti i cani provano piacere dall’essere messi in condizione di “lavorare”, ma per alcuni cani il lavoro è una vera e propria necessità perché, citando Coppinger “Le razze differiscono non solo per conformazione, dimensioni, muscoli, ossa e capelli, ma anche neurologicamente e ormonalmente.”
Arons e Shoemaker analizzando alcune razze hanno individuato delle correlazioni fra modello e schemi motori e modelli di neurotrasmettitori nel cervello.
In sostanza possiamo dire che maggiore sarà la predisposizione di un cane a svolgere determinati compiti, più il suo sistema ormonale sarà predisposto a produrre dopamina nello svolgimento di quei compiti e più il cane sentirà il bisogno di svolgerli ancora. Se non  viene loro data la possibilità di farlo, cercheranno comportamenti alternativi che spesso divento problemi per i proprietari.
I cani sono nati come partner di lavoro dell’uomo, rispettarli significa accettare questo fatto e permettere loro di continuare a svolgere delle attività al nostro fianco in modo tale da poter soddisfare i loro bisogni.
Certo, c’è una grande differenza fa un cane da guardia e un cane da pastore o un cane da caccia, e di questo va tenuto conto.
Nulla però può andare a giustificare l’atteggiamento ultra protezionista di chi vorrebbe i cani non addestrati e lontani da ogni stress, nella vita serve anche quello e, in generale, serve sempre equilibrio.

Correlazione fra età di adozione e problemi comportamentali

Nei nostri corsi di formazione già da anni spieghiamo l’importanza dell’età di adozione del cucciolo e di un immediato percorso di socializzazione e di abitudine agli stimoli ambientali, scontrandoci spesso con veterinari che raccomandano di non portare il cane fuori di casa prima dell’ultimo vaccino (intorno quindi ai 3 mesi e mezzo) o con allevatori che non vogliono consegnare il cucciolo prima dei 3 mesi di età.
L’esperienza quotidiana ci dimostrava quello che già alcuni studi sostenevano, ovvero che cuccioli portati a casa a 3 mesi o tenuti rinchiusi fino a 3 mesi/3 mesi e mezzo, si dimostravano insicuri e diffidenti verso persone e cani estranei oltre che verso tutti gli stimoli ambientali nuovi.
Un nuovo studio condotto da Olli Jokinen, David Appleby, Sofi Sandbacka-Saxén, Tuulia Appleby, Anna Valros, pare che confermi questa ipotesi e quindi i precedenti studi.
L’adozione di cuccioli prima delle 8 settimane di vita è stata associata ad una minore ricorrenza di evitamento e di alcuni tipi di aggressività nei cani adulti. Questo nuovo studio, effettuato in Finlandia, ha voluto analizzare ulteriormente l’effetto dell’età di adozione su tali comportamenti nei cani adulti. I cani che vivono in Finlandia sono una popolazione interessante perché, secondo l’esperienza dei coautori, i cuccioli crescono prevalentemente in ambienti materni domestici prima di essere adottati, diversamente dai paesi in cui furono svolti gli studi precedenti.

Lo studio finlandese è stato condotto confrontando cani adulti adottati a 6-7 settimane (6-7), 8 settimane (8), 9-12 settimane (9-12) e a 13-16 settimane (13-16) in relazione a a comportamenti di evitamento, ringhio, snapping verso sconosciuti fuori casa e dentro casa e verso cani sconosciuti fuori di casa.

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I cani adottati dopo le 8 settimane, ovvero quelli adottati a 9-12 e a 13-16 settimane, hanno avuto una frequenza superiore alle aspettative di comportamenti aggressivi e di evitamento rispetto ai cani adottati in altre fasce di età.
Nello studio effettuato, la maggiore età di adozione è risultata essere collegata ad una maggiore frequenza di comportamenti aggressivi/di evitamento verso persone e cani sconosciuti, sia all’interno che all’esterno dell’abitazione dei cani adulti, un dato che conferma le scoperte precedenti. Appleby et al. (2002) avevano mostrato che i cani adulti adottati dalle 8 settimane in  poi da ambienti materni misti erano più propensi a mostrare aggressività verso persone sconosciute fuori casa. Sterry et al. (2005) hanno scoperto che i cani portati alle Puppy classes e adottati prima di 8 settimane avevano una minor tendenza all’aggressività e all’evitamento nei confronti di cani sconosciuti ed era meno probabile che ringhiassero o evitassero ospiti in casa rispetto ai cani portati alle Puppy classes ma adottati a 8 settimane o più.
Altro aspetto a mio avviso molto interessante è che il comportamento di abbaio verso cani sconosciuti è stato inferiore nei cani adottati prima delle 8 settimane. Come scrivono gli autori dello studio “Ciò risulta controintuitivo, essendo opinione comune che i cuccioli dovrebbero restare più a lungo con la madre e il resto della cucciolata per ridurre, grazie a un’adeguata socializzazione, il rischio di comportamenti problematici verso altri cani”.

Gli autori spiegano che “Negli USA, l’aggressività è la causa più diffusa di eutanasia sui cani in età precoce e in generale vengono soppressi più animali domestici per cause comportamentali rispetto a tutti i casi di eutanasia per motivi di salute messi insieme (Landsberg et al., 2012).
Gli autori dello studio spiegano come gli effetti benefici dell’avere un animale domestico siano spesso compromessi da problemi comportamentali e come questi si ripercuotano anche  sulla saluta dell’animale stesso.”
La capacità di mantenere uno stato di equilibrio emotivo (omeostasi) e quindi di affrontare un ambiente nuovo e vario dimostrando un comportamento fiducioso, è influenzato sia da fattori genetici che ambientali. Riguardo questi ultimi si parla di periodo sensibile, quello cioè durante il quale vi è nell’animale una maggior predisposizione ad avvicinarsi verso persone, cani e oggetti sconosciuti in modo fiducioso, periodo che indicativamente andrebbe dalle 2,5 alle 14  settimane.
Studi più recenti tuttavia dimostrerebbero che questo periodo sarebbe più breve e raggiunge il suo picco fra le 4 e le 8 settimane (Pfaffenberger and Scott, 1976; Markwell and Thorne, 1987; McCune et al., 1995; Appleby, 1999).
In particolare, le settimane più importanti per l’esposizione a stimoli positivi potrebbero essere le settimane 3-5 (Pluijmakers et al., 2010). Alla luce di queste scoperte, gli effetti dell’ambiente di allevamento potrebbero essere più importanti per lo sviluppo dei comportamenti in età adulta di quanto si pensasse in precedenza  (Appleby et al., 2002; Pluijmakers et al., 2003; Thompson, 2009).
Già nel 1965 Scott e Fuller suggerivano che l’età migliore per l’adozione  fosse tra la 6° e l’8° settimana.
Appelby già dal 1993 sostiene che non fornire al cucciolo una sufficiente esposizione a stimoli sociali e ambientali durante il periodo sensibile porti ad un elevata probabilità di reazioni di paura, evitamento e aggressività in età adulta.

Uno degli aspetti più interessanti di questo nuovo studio è che indica che per minimizzare il rischio di comportamenti aggressivi e di evitamento non è raccomandabile posticipare l’adozione oltre le 8 settimane anche quando i cani vengono cresciuti in un ambiente domestico e non solo, come si credeva prima, nel caso in cui i cuccioli provenissero da allevamenti non domestici.
Gli autori sottolineano che pur avendo la certezza che i cani oggetto di studio provenissero da ambiente domestico, non hanno indicazioni sulla quantità e la qualità della stimolazione a cui i cuccioli erano sottoposti.
In questo studio viene dunque dimostrata l’esistenza di un collegamento tra l’età di adozione e alcuni tipi di comportamento aggressivo/di evitamento nei cani adulti. Lo studio indica che questi problemi sono più frequenti anche in cuccioli cresciuti in un ambiente domestico e adottati dopo 8 settimane di età rispetto ai cuccioli adottati entro le 8 settimane. Nel complesso, lo studio suggerisce un’età di adozione ideale non superiore alle 8 settimane per cuccioli allevati in ambiente domestico il che fa ipotizzare, e studi passati lo dimostrano, che nel caso di cuccioli allevati in ambiente NON domestico, sarebbe ancora più importante che l’adozione potesse avvenire prima delle 8 settimane data la certezza dell’insufficiente stimolazione all’interno dell’allevamento.
Gli studi fatti su campioni misti provenienti quindi non solo da allevamenti domestici ma anche da recinti, o ambienti equivalenti, hanno concluso che l’età ideale per l’adozione sia 6 (Freeman, 1991) o 6-8 settimane (Serpell, 1995; Scott and Fuller, 1965; Lindsay, 2000).

Il mio augurio è che alla luce di questo ennesimo studio non si ripeta in futuro il tentativo di portare l’età minima di adozione dei cuccioli a 90 giorni, tentativo recentemente avvenuto in Lombardia ma poi fortunatamente bloccato.
Diventa invece di fondamentale importanza una campagna informativa presso veterinari e allevatori oltre che una maggiore collaborazione con il mondo degli educatori cinofili, affinchè si prenda atto di questi dati e insieme si possa aiutare al meglio cani e proprietari.

Titolo originale dello studio pubblicato su “APPLIED ANIMAL BEHAVIOUR SCIENCE”:
Homing age influences the prevalence of aggressive and avoidance-related behaviour in adult dogs
Autori:
Olli Jokinen (a), David Appleby (b,c), Sofi Sandbacka-Saxén (c), Tuulia Appleby (b,c), Anna Valrosa (a)
a. University of Helsinki, Faculty of Veterinary Medicine, Department of Production Animal Medicine, PO Box 57, 00014, University of Helsinki, Finland
b. University of Helsinki, Faculty of Veterinary Medicine, Behaviour Clinic, Small Animal Hospital, Koetilantie 2, Helsinki, Finland

c. AB Klinikka, Lummetie 7, 31400 Somero, Finland

Uso del “marker negativo”

di Antonio Agus

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Ho letto in questi giorni un articolo di Stanley Coren, psicologo americano che si occupa di cinofilia.
L’articolo si intitola “Possono gli addestratori dire al cane quando stanno sbagliando comportamento?”, e in pratica vorrebbe definire se l’utilizzo di un “marker” negativo, ovvero un segnale che avvisa il cane che il suo comportamento non gli permetterà di ricevere la ricompensa in quanto non si tratta del comportamento richiesto, sia efficace o meno.
L’articolo inizia con la descrizione di un Golden Retriever che in mezzo ad una serie di oggetti ne individua uno, viene “cliccato” ovvero confermato per mezzo di un marker positivo, il clicker, porta l’oggetto al conduttore e viene ricompensato.
A questo punto l’oggetto con l’odore del conduttore viene rimesso in mezzo agli altri, il cane si appresta nuovamente ad andare a prendere un oggetto ma questa volta anziché andare su quello corretto va verso un oggetto diverso, e il conduttore utilizza il marker negativo “Sorry!”. Il cane si ferma, guarda il conduttore e con aria mesta si dirige verso un altro oggetto, questa volta quello giusto e quindi il conduttore clicca e il cane va a prendere la sua ricompensa.

Il “clic” del clicker in sostanza rappresenta per il cane un marker positivo in quanto, attraverso il condizionamento, quel suono è stato associato all’arrivo del premio.
In realtà, quando si parla di marker positivi, non necessariamente si fa riferimento al clicker in quanto si possono tranquillamente utilizzare anche dei marker vocali come “OK!”, “SI’”, “BRAVO”… ecc., l’importante è che il cane li abbia chiaramente associati all’arrivo del premio.
Il marker negativo invece per il cane ha il significato opposto, ovvero NIENTE RICOMPENSA, e anche in questo caso si possono usare suoni come “Eh Eh!”, “HEY!”“SORRY!”, ecc.

Il più comune esempio di addestramento con utilizzo di marker positivo, generalmente il clicker, è lo shaping, tecnica attraverso la quale modello il comportamento del cane per piccoli step progressivi avvicinandolo sempre di più al risultato che mi interessa.
In pratica ogni volta che il cane fa qualcosa che va in direzione del comportamento che desidero, lo clicco e lo ricompenso e il cane inizia quindi a lavorare per una sorta di “tentativi ed errori”.
In questa tecnica, se utilizzata “pura”, non si utilizzano marker negativi, i comportamenti sbagliati vengono semplicemente ignorati.

Normalmente però in addestramento i marker negativi, quelli per dire al cane “guarda che stai sbagliando”, vengono utilizzati (non stiamo parlando di tecniche basate sulla coercizione, ma di qualcosa che si avvicina di più al “condizionamento a fallire” di cui parlerò in un altro articolo ma che, per dirla in breve, serve ad impostare un segnale che indichi al cane che il suo comportamento fallirà, non facendogli quindi ottenere ciò che vorrebbe.)

Coren nel suo articolo si domanda se sia più efficace un sistema basato solo sull’utilizzo di marker positivi o un sistema che preveda anche di dire al cane quando sta sbagliando.
Racconta di aver parlato in passato della questione anche con Skinner, lo psicologo che per primo introdusse l’idea di marker positivi per l’addestramento (condizionamento operante di Skinner) e che non prevedeva dei marker negativi che avrebbero, secondo lui, l’effetto di una punizione.
Skinner avrebbe risposto al quesito facendo l’esempio del cruciverba: fare un cruciverba può essere rilassante e dare soddisfazione ma pensate a cosa accadrebbe se, ogni volta che pensate ad una parola da inserire e controllate se può essere giusta, qualcuno vi riprendesse immediatamente. Effettivamente è probabile che vi passerebbe la voglia di fare il cruciverba perché vi sentireste sotto pressione e finireste per stressarvi.
Secondo Skinner quindi, e anche Coren se ne convinse, l’utilizzo di marker negativi non sarebbe utile, anzi, persino controproducente.

Fino ad oggi tuttavia non c’erano evidenze scientifiche a sostegno di questa ipotesi, ma lo studio di una ricercatrice americana (Naomi Rotenberg (2015). Training a New Trick Using No-Reward Markers: Effects on Dogs’ Performance and Stress Behaviors. Master’s Thesis, Hunter College, New York) avrebbe confermato l’idea di Skinner.
Lo studio ha coinvolto 27 cani a cui doveva essere insegnato a mettere le zampe dentro un cerchio posto sul pavimento e secondo i risultati non ci sono dubbi: i cani che hanno lavorato senza il marker negativo e che venivano quindi ricompensati solo quando attuavano il comportamento corretto, imparavano meglio e più in fretta.

E’ davvero così? Dobbiamo eliminare i marker negativi nell’educazione e nell’addestramento dei nostri cani?
Chi mi conosce sa che sono sempre il primo a cercare conferme nella scienza, ma temo che prima di trarre conclusioni affrettate vadano analizzati più a fondo molti aspetti di questa questione.
Innanzi tutto questo studio è stato condotto commettendo diversi errori di metodologia, primo fra tutti il fatto che i cani non lavoravano con il proprio conduttore ma con un addestratore estraneo in un ambiente sconosciuto. Lasciamo però da parte questi errori e concentriamoci di più sulla teoria che porta a pensare che i marker negativi potrebbero essere controproducenti.

Cominciamo dal prendere in esame l’affermazione di Skinner secondo cui un marker negativo può avere un effetto punitivo.
E’ vero, può avere un effetto punitivo ma dipende; dipende dal rapporto che si ha con il cane, dipende da come viene impostato il lavoro, dipende dal cane, insomma, dipende da molti fattori.
In realtà, anche lo stesso “NON PREMIARE” può essere una punizione, si chiama PUNIZIONE NEGATIVA. Anche in questo caso dico “può essere” e non “è”, perché anche in questo caso dipende. Prendiamo il caso di un cane, estremamente vorace ed affamato, che vuole il pezzo di carne che ho in mano e cerca di individuare il comportamento corretto che lo porterà ad avere quella ricompensa: il non premiarlo per lui sarà eccome una punizione, perché gli impedirò di ottenere una cosa che desidera, il cibo.
Se invece di una cosa che desidera molto io in mano avessi una cosa di meno valore, mettiamo il caso di un biscottino con un cane che si è appena mangiato una bella ciotolona con tanta carne, questo cane potrebbe non avere molto interesse a cercare di proporre il comportamento che io desidero. Se lo proponesse e io premiassi certamente averi operato un rinforzo, ma se non mi proponesse quello corretto e io non lo premiassi, poco male, potrebbe anche decidere di mettersi a riposare o di fare altro.

In questi esempi ho preso due casi estremi ma serve per far capire come il premiare o meno possa cambiare l’effetto emotivo sul cane a seconda di diversi fattori.
Nel caso del cane affamato, un marker negativo che gli permettesse di arrivare più in fretta al risultato voluto perché gli avrebbe evitato di andare avanti a tentativi a vuoto e quindi ottenere il cibo, gli avrebbe risparmiato un bel po’ di frustrazione e quindi sarebbe stato molto più efficace ai fini dell’addestramento ma anche molto più gradito al cane stesso.
Pensiamo ora ad un altro cane, stavolta né completamente sazio né affamatissimo. Siamo in un parco sempre con il nostro marker positivo (consideriamo il clicker) e il cibo.
Vogliamo insegnare al cane a riportarci un oggetto e non useremo marker negativi.
Lanciamo l’oggetto e il cane lo va a prendere e torna verso di noi, marker positivo (click) e premio al cane. Ripetiamo la sequenza ma stavolta, mentre il cane va a prendere l’oggetto, si ferma, inizia a fiutare l’aria, si distrae dall’oggetto e inizia a gironzolare. Gironzolando finisce anche per trovare un pezzo di merendina vicino ad una panchina; cos’è accaduto? Semplice, il cane si è autogratificato facendosi i fatti suoi mentre noi siamo lì ad aspettare che vada a prendere l’oggetto.

Faccio un ultimo esempio, questa volta sui mei due cani, Brave (10 anni) e Jadd (1 anno e 5 mesi).

Quando passo l’aspirapolvere Brave da sempre è pronto ad attaccarla. Se non gli dico nulla, mi segue e aspetta il momento giusto. Ho provato a premiarlo in diversi modi per insegnargli a non farlo, ma per lui, i premi che gli posso dare in casa, sono meno gratificanti del cercare di mordere l’aspirapolvere quindi ignorarlo non serve proprio a nulla.
Diverso invece con Jadd. Lui le prime volte che si è dimostrato incuriosito dall’aspirapolvere l’ho ignorato e una volta che per caso, mentre la passavo, si è messo sulla sua brandina, l’ho lodato e coccolato. Da quel giorno, ogni volta che passo l’aspirapolvere Jadd tende a mettersi sulla sua brandina e io regolarmente lo rinforzo con coccole e lodi.
Brave e Jadd sono due cani che, seppur della stessa razza, hanno due caratteri totalmente diversi. Entrambi preferiscono il gioco al cibo ma Brave molto più di Jadd. Brave ama mordere, combattere ed è un cane estremamente eccitabile e nevrile, mentre Jadd è un po’ più tranquillo.
Con un cane come Brave lavorare senza marker negativi significa stressarlo di più, sia perché quando lavoriamo la sua motivazione sul gioco è elevatissima, quindi vuole arrivarci il più in fretta possibile, sia perché per lui il marker negativo non rappresenta una punizione ma anzi, una sorta di “aiuto”, di modo di collaborare. Mi viene in mente quando facciamo attività di fiuto e gli nascondo un oggetto o il gioco; se lui si dirige nella direzione sbagliata e io uso un marker negativo, lui molto serenamente cambia direzione e alla fine arriva prima all’oggetto risparmiando fatica e frustrazione.

Naturalmente il cane va allenato anche da questo punto di vista. Per fare in modo che il marker negativo non sia vissuto come una punizione ma come un “suggerimento”, un modo di collaborare, è necessario che vi sia un buon rapporto cane-conduttore e che il cane abbia imparato un po’ alla volta a non scoraggiarsi. Anche nel caso del lavoro solo con marker positivi è fondamentale che il cane sia allenato e che sappia gestire bene la frustrazione perché vi assicuro che possono andare davvero in crisi non riuscendo a capire il comportamento richiesto e il conduttore dovrà essere estremamente abile ad aumentare la difficoltà in modo molto graduale.
Ricordiamo sempre che il cane è un animale creato dall’uomo per collaborare con l’uomo e, specialmente nel caso di alcune razze, è assolutamente normale per lui “chiedere” indicazioni al conduttore per riuscire nella risoluzione di un problema come anche dimostrato da diversi studi.

In conclusione, quello che suggerisco è come sempre di osservare il cane, il suo stato emotivo e la sua risposta ai nostri metodi. Impariamo ad utilizzare il sistema più congeniale a noi e a lui e, contemporaneamente, se ci accorgiamo che il cane non sa gestire la frustrazione, è insicuro, totalmente dipendente da noi, potremo fare un po’ di lavoro in shaping (quindi usando solo marker positivo) per allenarlo sotto questi aspetti.
Se al contrario abbiamo a che fare un cane che tende ad essere più autonomo, inserire un marker negativo per insegnargli che collaborare con noi è conveniente perché gli daremo indicazioni per arrivare più in fretta all’obbiettivo, potrebbe essere estremamente utile.

 

 

 

Ideologie e fanatismo: quando scienza, buonsenso e logica vengono ignorati in nome di un’ “idea”

fanatismoImmagine tratta dal Web

 

Sono incappato in un articolo di un biologo che a leggerlo mi sono venuti i brividi.

Non solo per i contenuti, ma più per i processi mentali che ci devono essere alla base di simili argomentazioni, processi mentali che, applicati ad altri contesti, diventano pericolosi.

Di cosa stiamo parlando? Di addestramento del cane, di clicker training!

Ebbene sì, come sempre, quando ci si rinchiude nelle ideologie, si scade nell’estremismo ed è sempre pericoloso.

Questo articolo, scritto da un biologo “animalista e antispecista”, parla della “liberazione della mente animale” e sostiene che l’addestramento farebbe “rientrare la mente animale in catene di sfruttamenti, abusi e morti invisibili, invisibili anche a chi contrasta le forme di antispecismo più evidente e che paradossalmente spesso diventa specista nel campo dell’addestramento animale.”.

La tesi di questo biologo è che l’addestramento ingabbierebbe la mente del cane e sarebbe dunque una forma di violenza e sfruttamento.

L’autore ritiene che molte persone “antispeciste”, ovvero che rifiutano una superiorità di una specie animale rispetto ad un’altra, spesso anche sostenitori della causa, alla fine spesso si ritrovano ad avere compagni che magari stanno facendo fare una sessione di clicker training al proprio cane, e quindi si domanda in questo processo di consapevolezza antispecista come mai, ad esempio, uno strumento invasivo come il clicker e che dovrebbe essere messo al bando insieme a tutto il behaviorismo, trova poco interesse nella battaglia di liberazione animale?”

Per chi ha frequentato i corsi di formazione o è del settore, sa che cos’è il behaviourismo o comportamentismo, e per chi ha seguito i miei corsi o letto il mio libro sa bene quanto ho già cercato di smontare questa assurda guerra fra comportamentisti e cognitivisti, guerra fondata su basi inesistenti da ogni punto di vista e anche un famoso e pluripremiato ricercatore americano, Brian Hare, che si occupa proprio dello studio delle capacità cognitive del cane, in uno dei suoi libri conferma l’assurdità di questa contrapposizione.

Qui, con questo articolo, temo si sia arrivati ad un estremismo ancora più radicale e per questo ancora più pericoloso.

Si mette in discussione, anzi, si attacca frontalmente l’addestramento descrivendolo come qualcosa di negativo. Lo si fa sulla base di ideologie, ignorando l’etologia e la storia evolutiva del cane che gli etologi che studiano questa specie, e sono pochi noi citiamo Vilmos Csànyi, definiscono un ANIMALE ARTIFICIALE in quanto creato dall’uomo.

L’articolo recita “L’antispecismo può e deve porsi la questione dell’addestramento animale, non può nicchiare su esso o viaggiare a doppio binario del tipo: sono vegano e vesto cruelty-free per motivi antispecisti, poi oggi pomeriggio vado a fare una gara di obedience gentile con il mio cane o di dressage naturale con il mio cavallo. Non hanno neanche senso tutte quelle bizzarre giustificazioni relate ai discorsi sulla domesticazione, che sembrano far derivare gli animali domestici da costole umane…”.

Quello che però noi sappiamo è che il cane si evoluto dal lupo. Il rapporto con l’uomo nasce da uno sfruttamento reciproco: trovare cibo dall’uomo è più conveniente che andare a caccia e, in cambio, nel corso dei millenni, il lupo diventato cane ha imparato ad aiutare l’uomo, a collaborare con lui, avendo così una vita più semplice dei suoi antenati costretti ancora a cacciare e infine, nel passare dei secoli, l’uomo ha creato le razze canine, razze che per la gran parte NECESSITANO proprio in seguito a questa selezione, di svolgere un lavoro.

Non ci sono basi etologiche su quanto scrive questo autore ma, noi lo sappiamo, non c’è alcun riscontro nemmeno nella nostra vita quotidiana perché tutti noi vediamo la felicità dei nostri cani quando lavoriamo e le espressioni annoiate e tristi quando per qualche motivo non possiamo farlo.

Non solo, chi di noi lavora anche come educatore sa bene quanti problemi comportamentali siano legati ad una mancanza di attività e quindi di addestramento volto ad aumentare le competenze ed indirizzare gli istinti del cane.

Non c’è teoria antispecista che possa evitare che un Border cresciuto con la “mente libera” non finisca per indirizzare il suo istinto predatorio verso biciclette, auto o motorini, a meno che non si finisca per tenere il cane chiuso in casa o in giardino immaginandoci che così sia felice e soddisfatto.

Dopo aver letto quell’articolo, ancora di più sostengo la pericolosità delle ideologie che quasi inevitabilmente finiscono, quelle sì, per ingabbiare le menti ma non quelle dei cani ma delle persone. Si creano regole (e spesso purtroppo leggi!), non più sulla base di prove scientifiche, di buonsenso o di logica, ma si resta ingabbiati nell’idea e si vede il mondo sempre attraverso questa gabbia e, il problema grosso, è che le ideologie, come la storia ci insegna, fanno facilmente presa sulle persone.

Mi auguro che il buonsenso e l’etologia prevalgano perché è brutto vedere cani infelici e insoddisfatti, che si sentono letteralmente inutili perché il loro amico umano in nome di una “idea” ha deciso di non insegnare loro nulla, di lasciarli inabili e incapaci di collaborare. Ancora più brutto è quando questi animali sviluppano problemi comportamentali e diventa orribile quando a causa dei problemi sviluppati finiscono in canile o ancora peggio soppressi.

“Il fanatismo è l’unica via d’uscita per i dubbi che non cessano mai di incalzare l’animo dell’essere umano.”
Paulo Coelho

 

Il tuo cane ti trova interessante?

di Antonio Agus

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La razza influisce? Senza dubbio. La linea di sangue è importante? Certamente. Dipende anche da soggetto a soggetto? Non c’è ombra di dubbio. Sono tutti fattori dai quali può dipendere la spinta, la voglia di “lavorare” di un cane con il suo conduttore, dove per lavoro intendo sia i classici sport cinofili, ma anche una “banale” sessione di educazione. Tuttavia ho l’impressione che troppo di frequente ci si nasconda dietro a delle scuse per giustificare una cosa che, comprensibilmente, si fatica ad accettare, ovvero che noi per il nostro cane non siamo abbastanza interessanti, che non riusciamo a motivarlo, a farci seguire mentre gli insegniamo qualcosa e spesso purtroppo nemmeno a giocare con lui perché, se siamo a casa o in giardino gioca, ma appena siamo fuori di casa il nostro pupillo che tanto amiamo e tanto adoriamo quasi non ci degna più di uno sguardo.

Quando il tuo cane per giocare con gli altri cani o per inseguire un gatto o un’anatra sembra un incrocio fra Rambo e Bruce Lee mentre quando sta facendo qualcosa con te sembra sofferente se la temperatura e il grado di umidità del prato non corrispondono al suo ideale, quando cerchi di coccolarlo o di gratificarlo con un bravo e una carezza e lui si tira indietro o si volta dall’altra parte e subito dopo salta addosso a fare le feste come un matto a chi ti sta davanti, quando lo chiami con in mano 5 giochi e 10 tipi di bocconi diversi facendo capriole e gridando nomignoli di ogni tipo con tutti i toni di voce che le tue corde vocali sono in grado di emettere, e il tuo cane nemmeno si gira e si perde a giocare con una fogliolina, ammettiamolo, c’è un problema. E’ brutto, bruttissimo, capisco che non faccia piacere ed è difficile da ammettere, ma se non lo si ammette non si riuscirà mai a risolvere il problema.

Quando le cose stanno così non ha senso intestardirsi per insegnare al cane a fare una condotta o un qualsiasi altro esercizio. Lavorare con il cane è fondamentale per creare un legame solido, onesto e appagante per entrambi, ma prima di costruire la casa dobbiamo gettare le fondamenta, dobbiamo essere connessi con il nostro cane.

Una delle cose che ripeto spesso è che il rapporto non si costruisce in campo, ma a casa e nella vita di tutti i giorni. Il campo è una parentesi in cui dovrei poter chiedere al cane ancora di più, in cui dovrei poter arrivare ad entrare e per 20 minuti avere il 100% della sua attenzione, ma il mio lavoro sul rapporto inizia da quando mi sveglio e finisce quando vado a letto durante ogni momento che trascorro con lui: quando gli do da mangiare, quando lo porto a passeggio, quando gli faccio le coccole, quando ci gioco, quando mi suonano il campanello, quando mastica qualcosa che non dovrebbe, quando lo chiamo… E’ nell’arco di questo tempo che giorno dopo giorno costruisco il rapporto.

Se non ci trova interessanti, divertenti, stimolanti, se non troverà gratificante stare con noi, seguirci e contemporaneamente se non ci considererà affidabili, sicuri, autorevoli (non autoritari!), non sarà mai possibile insegnargli qualcosa o pensare che torni ad una chiamata se intorno ci sono altri stimoli interessanti.

Quando ripeto queste cose poi mi sento chiedere “come faccio?”. Potrei ripetere la solita lezione sulla gestione delle risorse che, nonostante la ripeta di continuo, molti continuano a sottovalutarla, ma spesso il problema non è solo questo, manca un altro elemento che ripeto sempre alle lezioni di teoria in campo e di cui ho scritto ampliamente nel mio libro, manca la COMUNICAZIONE. Il cane non viene “ascoltato”. Ci si concentra su cosa fare, come premiarlo, come chiamarlo, come muoverci, ma prima non si è fatto caso a cosa il cane sta comunicando: gli interessa quello che sto cercando di offrirgli? E’ interessato a quello che sto cercando di fare? Soprattutto, è interessato a me?

Non ha senso, anzi, è controproducente insistere nel tentare di far fare qualcosa al cane quando già si dimostra disinteressato a me, devo prima di tutto pensare a costruire le basi per cui lui mi cerchi, desideri stare con me perché ho qualcosa da offrirgli, e non parlo solo del cibo o della pallina, ma della capacità di stimolarlo.

Una volta agganciato inizierò a fargli vedere quanto è più interessante e piacevole stare con me, collaborare, ma non potrò farlo bene se non continuerò ad ASCOLTARLO, osservandolo. Se non mi accorgo che sta perdendo interesse e continuo a chiedergli esercizi, finirà per andarsene, quindi dovrò avere la capacità di cogliere i segnali che potrebbero indicare un aumento dello stress o un semplice calo di interesse trovando poi immediatamente modo di tenerlo agganciato. Ora però attenzione, perché so già che a questo punto molte persone prenderebbero solo quest’ultima parte e io finirei per vedere in campo conduttori che non appena il cane dovesse cominciare a dimostrarsi svogliato inizierebbero a premiare con 1000 bocconi e giochi a non finire solo perché il cane ha fatto due passi di condotta e un seduto. Non è questo che si deve fare! Dobbiamo continuare a crescere, dobbiamo chiedere al cane sempre di più ma possiamo farlo solo se saremo capaci di tenerlo motivato, dobbiamo arrivare ad avere lui che chiede a noi di continuare, di fare.

Il nostro obiettivo deve essere arrivare al massimo delle sue possibilità con il massimo della sua motivazione. Se ci sono situazioni in cui notiamo che ci mette più entusiasmo e grinta di quando facciamo qualcosa insieme,  significa che non siamo arrivati al massimo e non abbiamo dunque ancora trovato la perfetta sintonia. Non è facile riuscirci, ed è invece molto facile sentirsi frustrati o finire a crogiolarsi in 1000 scuse, ma è un traguardo per il quale vale davvero la pena lottare e impegnarsi, mettersi in gioco e capire i nostri limiti per tentare di superarli, un traguardo che darà sensazioni così forti e soddisfazioni così grandi che fino a quando non si provano non si possono nemmeno immaginare.

 

L’alimentazione del cane 2: sovrappeso e obesità

di Antonio Agus

Definizione Obesità: accumulo eccessivo di grasso nelle aree corporee destinate al tessuto adiposo

Sovrappeso: 1-20% in più del peso corporeo ideale
Obesità: > 20% del peso corporeo ideale

L’obesità è il più comune disordine nutrizionale nel cane e nel gatto: 20-44% popolazione canina colpita

In Italia l’obesità negli anni ’60-’70 colpiva il tra il 10 ed il 20% della popolazione canina, nel 2000 oltre il 30%

Da cosa è provocata l’obesità?
Semplice:  ENERGIA IN ENTRATA maggiore dell’ENERGIA IN USCITA
Quando l’organismo assume più calorie di quelle necessarie, la massa grassa aumenta.

E’ importante capire che l’obesità non è un solo un problema estetico, anzi!

Patologie associate all’obesità̀

  • Patologie cardiorespiratorie e ipertensione
  • Complicazione durante interventi chirurgici e anestesia
  • Intolleranza allo sforzo
  • Affezioni articolari
  • Malattie endocrine e metaboliche (diabete, ipotiroidismo,…)
  • Malattie dermatologiche
  • Patologie dell’apparato urinario e problemi riproduttivi
  • Riduzione dell’immunità
  • Neoplasie

Ma il proprietario se ne rende conto?

Purtroppo molto spesso no. Basti pensare a quanto è sempre più frequente vedere bambini obesi e genitori che li portano al Mc Donald e li lasciano ingurgitare patatine, bibite gassate o merendine, figuriamoci con i poveri cani.

Uno studio ha analizzato l’aspetto sociale del cibo e dai risultati è emerso che i PROPRIETARI dei cani obesi:

  • sono spesso sovrappeso e scarsamente attivi;
  • parlano di più con il cane;
  • gli permettono di coricarsi sul letto;
  • non si preoccupano del rischio di trasmissione di malattie;
  • considerano di < importanza l’esercizio fisico;
  • traducono spesso qualsiasi richiesta dell’animale in richiesta di cibo;
  • interpretano la bulimia come segno di salute;
  • interpretano l’eccesso di peso come segno di bellezza;

Sembra assurdo ma uno dei posti in cui si vedono più cani obesi è il canile.

C’è una tendenza a credere che dando tanto da mangiare ai cani, spesso cibi per niente salutari, questi siano meno infelici di stare in canile. In realtà non si fa altro che peggiorare la qualità della loro vita.

Esistono naturalmente dei fattori predisponenti l’obesità quali:

  • ETA’: Obesità aumenta con età;
  • SESSO: le femmine sono più soggette dei maschi;
  • RAZZA: vi sono alcune razze più predisposte come Labrador Retriever, Bovaro Bernese, Cocker
  • PREDISPOSIZIONE GENETICA
  • SQUILIBRI ENDOCRINI: ipotiroidismo, sindrome di Cushing
  • STERILIZZAZIONE: riduzione di fabbisogni energetici del 20-30%
  • ALIMENTAZIONE ECCESSIVA (anche da cuccioli)
  • SCELTA ALIMENTO NON ADEGUATA
  • STILE DI VITA
  • SCARSA ATTIVITA’ FISICA
  • TRATTAMENTI FARMACOLOGICI

Quando faccio notare ai proprietari che il loro cane è in sovrappeso (per non dire spesso obeso), le due risposte più comuni sono:

  1. “ma è sterilizzata!”: il fatto che un cane sia sterilizzato non significa che allora debba essere obeso. Se la sterilizzazione porta ad una riduzione del fabbisogno energetico del 20-30%, diventa ovvio ridurre l’apporto calorico;
  2. “ma mangia già poco!”: cosa significa “poco”? Se il cane è in sovrappeso, significa che assume più calorie del necessario quindi per quel cane quel “poco” è troppo.

 

Conclusioni

  • L’obesità è un problema molto diffuso nella popolazione canina ed è associata a numerose patologie;
  • scorretta alimentazione e scarsa attività fisica ne sono la causa;
  • per evitare il sovrappeso il proprietario deve controllare e monitorare il peso e l’Indice di Grasso Corporeo del proprio cane (vedi tabella);
  • esistono delle condizioni che favoriscono il sovrappeso dell’animale: in questi casi è consigliabile riconsiderare il tipo di alimento e la quantità somministrata con il proprio veterinario;
  • in caso di obesità è importante andare da un veterinario esperto di alimentazione per studiare un piano di dimagrimento basato su una dieta adeguata ed una regolare attività fisica;
  • controllo dello stile di vita necessario per evitare che l’animale riprenda peso dopo il dimagrimento.

BFI

Cuccioli

di Antonio Agus

Jadd

In Italia, per legge, un cucciolo non può essere adottato prima dei 60 giorni.

Io inizierò col dirvi che non c’è un’età “ideale” in assoluto per l’adozione del cane, in quanto è strettamente connessa ad altre condizioni, ovvero: l’allevatore e l’adottante.
Quello che però è stato dimostrato è che ci sono dei periodi fondamentali durante i quali è assolutamente necessario sottoporre il cane ad un’ampia gamma di stimoli affinché possa crescere equilibrato.

In gergo si parla di SOCIALIZZAZIONE e ASSUEFAZIONE.

Per socializzazione si intende abituare il cane alla convivenza con altri esseri viventi con i quali si troverà ad interagire nella sua vita quindi le persone senza dubbio, ma potrebbero essere anche gatti oltre che, naturalmente, altri cani.

E’ davvero importante che il cane si abitui a percepire l’essere umano come “non pericoloso” e dobbiamo anche ricordare che per lui, un uomo adulto, una donna, un ragazzino e un bambino, non sono la stessa cosa! Un cane che per i primi mesi di vita non ha mai avuto a che fare con bambini piccoli potrebbe averne paura la prima volta che li incontrerà.
Quando si parla di assuefazione invece, si intende abituare il cane alla presenza di stimoli ambientali che dovrà imparare a percepire come non pericolosi: rumore del traffico, biciclette, motorini, passeggini, bidoni della spazzatura….ecc.
Cani cresciuti in campagna o che escono troppo tardi dagli allevamenti, rischiano di avere grosse difficoltà a vivere in ambiente urbano.
Quello che è importante capire è come, anche pochi giorni durante i primi 2/3 mesi di vita, possono incidere molto.

In Inghilterra l’associazione che si occupa dell’addestramento dei cani per ciechi, una volta iniziava il percorso di formazione all’età di 60 giorni.
Il cane guida deve essere assolutamente tranquillo difronte ad ogni evento che possa accadere in città, non deve aver paura di sirene, traffico, operai, ecc.
I cani che passavano la selezione finale, erano meno del 20%.
Venne poi fatto un esperimento, provando ad anticipare l’inizio della formazione a 54 giorni anziché a 60. Ebbene, alla selezione finale passava oltre l’80% dei cani.
6 giorni hanno fatto una differenza enorme, provate a pensare cosa significa portare un cane per la prima volta fuori dall’allevamento a 3 o 4 mesi!

Il fatto è che dalle 3 alle 5 settimane di vita il cane si trova nel periodo di massima attrazione verso gli stimoli, imparando ad associarli come “non pericolosi”. A partire dalla 5 settimana inizia l’attivazione di quella parte del sistema nervoso (sistema nervoso simpatico), che è associato a situazioni di emergenza, reattività, aumento di battito cardiaco, respirazione, movimenti intestinali, reazioni chimiche riconosciute come stati di ansia, paura, aggressività, e raggiunge il picco a 9 settimane.

L’ampia esposizione a stimoli ambientali nelle prime 6 settimane di vita:

  • Riduce i tentativi di evitare cani sconosciuti
  • Riduce l’abbaio e il ringhio a cani sconosciuti
  • Riduce il ringhio a persone sconosciute fuori casa
  • Riduce l’abbaio e il ringhio a persone sconosciute in casa
  • Riduce l’evitamento di suoni molto forti e del traffico

Statisticamente gli episodi di aggressività sono legati prevalentemente a problemi di paura e, anche quando queste paure non sfociano in aggressività, i problemi che più spesso ci troviamo ad affrontare nei nostri centri, sono proprio l’insicurezza e la paura dei cani che li portano ad essere difficilmente gestibili soprattutto in ambiente urbano.
Tornando alla questione cruciale, ovvero a che età sia meglio adottare il cucciolo, la risposta è che dipende da chi è l’allevatore e chi è l’adottante, o meglio, da cosa saranno capaci di fare.

Se il cane si trova in un allevamento che tiene i cani isolati dal mondo e che non li sottopone a stimolazione nelle prime settimane di vita, prima viene adottato meglio è, ma sarà compito di chi lo adotta iniziare da subito a lavorare sulla socializzazione e sull’assuefazione del cucciolo, con l’aiuto di un bravo educatore per evitare di compiere danni (molti purtroppo credono che per abituare il cane sia giusto prenderlo e portarlo la prima volta ad un mercato o in mezzo al traffico nelle ore di punta, rischiando così di ottenere il risultato opposto, ovvero di sensibilizzare il cane a quegli stimoli!).

Se al contrario il cane si trova in un buon allevamento, meglio che passi lì qualche giorno in più anziché andare da qualcuno che lo terrà chiuso dentro casa o in giardino per i primi giorni o settimane.

A questo punto, una volta adottato il cane, si apre un’altra questione: A CHE ETA’ INIZIARE IL PERCORSO DI EDUCAZIONE/ADDESTRAMENTO?

A questa domanda rispondo sempre dicendo che sono già in ritardo e che, anzi, la stessa domanda è errata perché dovrebbe essere: “Ho intenzione di prendere un cane, posso iniziare il corso in modo da essere preparato al suo arrivo?”.
Spesso anche i veterinari non aiutano consigliando ai proprietari di tenere i cani in casa fino ai 3 mesi di età in modo da aver completato il ciclo di vaccinazioni, andando così in direzione esattamente opposta a quanto dimostrato dagli studi che, come abbiamo visto, consigliano di portare il cane fuori già a partire dai 54 giorni, naturalmente con tutte le attenzioni del caso.

E’ comune fare l’errore di prendere il cane prima di avere delle nozioni base sul come comportarsi, come se si comprasse un’auto prima di prendere la patente, anzi, forse ancora peggio.
Molti dei problemi più diffusi, in primis il tirare al guinzaglio, nascono proprio perché i proprietari compiono degli errori nelle prime settimane in cui il cucciolo arriva a casa sottovalutando l’importanza dell’apprendimento del cane nei primi mesi di vita.
Immaginiamo il cucciolo come un foglio bianco (anche se non è esattamente così dato che molte sono le cose apprese già nei primi 2 mesi di vita). Quando inizia ad imparare è come se ci si scrivesse sopra e ovviamente a scrivere può essere uno che ha fatto la prima elementare ma anche un vero “poeta”!
Le cose scritte non si possono cancellare, si possono correggere, ma sarà come riscrivere qualcosa sopra una cancellatura fatta con il “bianchetto”, si vedrà sempre che sotto c’era qualcosa.
La soluzione migliore quindi è imparare a scrivere bene prima di iniziare l’opera e non dopo!
Generalmente invece le cose vanno diversamente, ed ecco che, appena arriva il cucciolo, click, si attacca il guinzaglio e… cosa accade? Naturalmente il cucciolo tira e i proprietari lasciano fare perché tanto è piccolo e così il cane imparerà che la cosa normale quando si è al guinzaglio è appunto tirare.
Il guinzaglio non è l’unico problema, ce ne sono molti altri: saltare addosso, mordicchiare mani o vestiti, non riportare il gioco, ecc. Alcuni proprietari fanno il grosso errore di non socializzare il cucciolo da subito o di farlo in modo errato, ad esempio nelle aree cani (faremo a breve un altro articolo sull’argomento) e se poi hanno avuto la sfortuna di prendere il cane da un allevatore o da un privato che non hanno gestito in modo adeguato i primi 2 mesi di vita del cucciolo, ecco che le probabilità di avere un cane con problemi comportamentali sono elevatissime.
Il cucciolo nei primi mesi ha una velocità di apprendimento sconcertante e questo significa che, se impostati correttamente educazione e addestramento, si possono ottenere risultati incredibili in brevissimo tempo e anche il rapporto uomo-cane sarà un rapporto felicissimo. Naturalmente, se invece si compiono degli errori, anche questi verranno assorbiti e memorizzati dal cane con la stessa velocità.
E’ importante però fare attenzione a non esagerare. Il cucciolo va innanzi tutto educato e socializzato e oggi ci sono molti campi che promuovono i “puppy party”, incontri per cuccioli dai 2 ai 5 mesi in cui i proprietari ricevono delle prime nozioni importanti e il cane viene messo a contatto con altri simili e con altre persone. Ci sono però anche campi in cui non si lavora sulla socializzazione e sull’educazione ma si pensa solo all’addestramento (generalmente campi con istruttori poco aggiornati, spesso che puntano più allo sport che al benessere del cane e al rapporto con il suo proprietario) ma anche campi dove propongono solo educazione e socializzazione dimenticando l’addestramento che, invece, a questa età può essere già impostato con risultati sorprendenti che agevoleranno il futuro addestramento vero e proprio, purché venga fatto con i dovuti metodi considerando la giovanissima età del cane.
In effetti, sfruttando il grande appetito dei cuccioli, possiamo far assumere loro le posizioni e fare quei movimenti che in seguito diventeranno degli esercizi, che siano il seduto, il terra o l’andata al piede, il tutto senza parole perché, non dimentichiamolo, non stiamo ancora addestrando, ma solamente gettando le fondamenta!
Con il mio ultimo cane, Jadd, che ad oggi ha 11 mesi, all’età di 2/3 mesi abbiamo impostato alcune attività fra cui le “piste” da gara, facendole solo un paio di volte per due o tre settimane e poi mai più riproposte fino a pochi giorni fa. Jadd ha dimostrato non solo di ricordare molto bene di cosa si trattava, ma le ha fatto con enorme entusiasmo!

Questo approccio con i cuccioli ci darà 2 vantaggi enormi in futuro: 1. Il cane imparerà da subito a “collaborare” con noi per raggiungere qualcosa, instaurando così un legame ancora più forte fra noi e lui; 2. Quando inizierà il vero addestramento, il cane si ritroverà a fare quei movimenti e ad assumere quelle posizioni che gli sono già familiari, e si tratterà quindi di dover solo lavorare sulla precisione, facendo risparmiare un bel po’ di fatica in particolare agli sportivi.

Altro aspetto fondamentale parlando di cuccioli è il tempo che dedico loro perché da questo dipenderà il futuro rapporto con lui.
Non è importante solo investire più tempo possibile, ma è fondamentale che si tratti di tempo di qualità. Se mi limito a portare il cucciolo a passeggio o sganciarlo in campi risultando io unicamente un accompagnatore, senza quindi avere un ruolo attivo e propositivo, non potrà sorprendermi il fatto che da adulto il cane non mi darà molta attenzione e probabilmente non risponderà ai miei segnali.
Il cucciolo ha bisogno di un compagno UMANO che giochi con lui, che gli faccia esplorare il mondo ma in modo attivo, che gli proponga attività interessanti da fare insieme, questo permetterà lo stabilirsi di un legame di fiducia e rispetto davvero appagante per entrambi.

Botti di capodanno

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Ogni anno, a partire dai primi di Dicembre, iniziano le campagne contro i botti di capodanno.
Moltissimi cani sono terrorizzati dai botti e ogni anno si registrano numerosi casi di cani che, in preda al terrore, scappano e molto spesso finiscono anche per essere investiti.
Naturalmente sono d’accordissimo con le campagne anti botti, mi domando però perché non si facciano mai campagne che invitino i proprietari di cani che soffrono di questo problema a risolverlo, iniziando da gennaio e senza aspettare che arrivi dicembre!
Siamo onesti, è molto più realistico insegnare ad un cane a non aver paura dei botti che pensare di poter eliminare questa stupida usanza. Allora perché non farlo?
Vogliamo fare come quelli che ai seminari cinofili mimano il gesto dell’applauso ma senza applaudire perché i cani si potrebbero spaventare? Se un bambino ha paura del buio lo lascerai tutta la vita con la luce accesa o gli insegnerai a non aver paura del buio?

Se c’è un problema lo si deve risolvere e non sperare che il mondo si adegui al problema!

Detto questo, dato che oramai siamo al 30 dicembre, vediamo cosa fare per limitare il più possibile i danni.

1. Evitate di lasciare i cani in giardino. Terrorizzati, potrebbero farsi del male o anche scappare.

2. In casa, tenete accesa radio o tv ad un volume abbastanza alto e naturalmente finestre e tapparelle ben chiuse.

3. Se il cane ha un trasportino/cuccia dentro cui ama stare, mettetelo dentro la stanza più “silenziosa” della casa, quella più riparata dal rumore dei botti, in modo che il cane abbia un luogo dentro cui rifugiarsi.

4. Evitate rassicurazioni del tipo “povero il mio piccolo guarda come tremi….”! Cercate piuttosto di trasmettere sicurezza e tranquillità al cane. Voi dovete essere i primi ad avere un atteggiamento che gli dica “Hey, non c’è niente di cui preoccuparsi!”.

5. Provate a farlo giocare o usate del cibo particolarmente appetitoso. Se ci riuscite potreste allungargli un boccone di qualcosa di speciale ogni volta che sente un botto. Tuttavia, se la paura è particolarmente forte, il cane probabilmente non mangerà. In questo caso cercate solo di mantenere il giusto atteggiamento.

6. Potete aiutarvi anche con il feromone appagante del cane, in commercio come Adaptil. E’ venduto come diffusore, collare o spry nelle farmacie veterinarie. Non è un farmaco e non ha effetti collaterali. Non risolverà certamente il problema, ma potrebbe aiutare il cane a restare più rilassato.

Ricordate, per il prossimo anno aiutate il vostro cane a risolvere o alleviare questo problema!

Antonio Agus

Collare o pettorina?

Non ci siamo mai schierati pro o contro pettorina o collare. La nostra idea è che il cane debba imparare a non tirare e, quando non tira, non è più un problema cosa indossare.
Al limite il collare sarà meno fastidioso della pettorina e, in ogni caso, durante l’addestramento è sicuramente più comodo e utile.

Tuttavia, viste le discussioni in merito all’argomento, riportiamo un articolo di una fisioterapista tedesca.

Articolo tradotto da Alexandra Braaz.

Britta Kutscher, nata nel 1965, è una fisioterapista qualificata e osteopata per cani e cavalli. Ha dei cani da più di 20 anni, pratica sport cinofilo e usa il suoi due amici su quattro zampe come co-terapeuta. Nata a Dortmund lavora nel suo studio privato come fisioterapista a Karby sul mar Baltico.

Fonte:

“Der Hund” 7/10. Redaktion DER HUND Wilhelmsaue 37-10713 Berlin Fax: 0 30/4 64 06-3 13 E-Mail: derhund@bauernverlag.de

 

Domanda  a bruciapelo, collare o pettorina?

La questione divide il mondo cinofilo: “Cosa dovrebbe indossare il cane?”

La fisioterapista per cani, Britta Kutscher, con un sorprendente appello pro collare…

Collare o Pettorina? Non è una questione di gusto!

Anatomia, biomeccanica e fisica ci dicono invece quale decisione è quella giusta.

Distribuzione della pressione

Per chiarire il punto della discussione, se collare o pettorina siano la scelta giusta per il cane, la cosa migliore da fare è guardare i fatti inerenti  la natura. La moda della pettorina è nata da una riflessione fisica corretta:maggiore la superficie di contatto, minore la pressione su un punto. Per distanziarsi da metodi duri si pensava a come togliere pressione dal collo del cane  ed è venuta l’idea di distribuire la pressione. Misurazioni con appositi strumenti hanno dimostrato che effettivamente la pressione su un punto diminuisce, però vengono esercitati pressioni su punti che non possono assolutamente sostenere pressioni. L’uso della pettorina può essere giustificato per questioni di salute, ma alla fine la decisione spetta al proprietario.

 

L’anatomia del collo

Il cane è un cacciatore e nonostante l’addomesticazione ha mantenuto le sue caratteristiche fisiche.Indipendentemente se cane da compagnia o cane da caccia, in linea generale lo scheletro di tutti i cani è uguale, tranne pochi dettagli come ad esempio la forma della testa. E tutti i cani hanno gli stessi muscoli con le stesse funzioni. Da predatore il cane necessita di una muscolatura del collo molto robusta visto che la preda continua a ribellarsi una volta afferrata. Il cane la tiene istintivamente saldamente, non vuole morire di fame. La rachide cervicale è composta da 7 vertebre cervicali ed è la parte più mobile della colonna vertebrale e ammortizza molto bene le strattonate della preda che lotta per la sua vita. Anche cani di piccola taglia possono sopraffare una preda molto più grande di loro. Per esempio un Terrier di piccola stazza è in grado di uccidere un cervo, con grande stupore del suo proprietario.

L’uso della pettorina è destinato ad alleviare il collo del cane.

Caso particolare cani da slitta

Il punto di traino della pettorina per Husky è alla base della coda e permette a tutto il corpo di agire liberamente. L’alta forza di traino è richiesta sempre solo per poco tempo, il peso da trainare solitamente si divide su diversi cani e il cane da slitta cammina quasi sempre con il rimorchio praticamente in orizzontale, per citare solo alcune caratteristiche di questa particolare pettorina.

L’idea di far indossare una pettorina non è una invenzione degli addestratori moderni. Ha le sue origini nel lavoro dei cani da slitta. Così un Husky tira una slitta senza subire danni. Però si tratta di una pettorina concepita in modo completamente diversa rispetto alle pettorine commerciali per l’uso comune e dove il cane non deve tirare.

Avete mai notato quando due cani si azzuffano,come si strattonano e trascinano… O quale cane non adora giocare a tira e molla con un giocattolo? Con questi giochi  è più facile che si danneggiano i denti che la colonna cervicale, altrimenti la specie canina si sarebbe estinta per mancanza di successo durante la caccia.Ergo: Il rachide cervicale è molto mobile e è avviluppato da una muscolatura molto ben sviluppata. Con questa mobilità perdona anche qualche strattonata laterale.

La delicata regione toracica

Simile ad un ramo di salice che appena spezzato è morbido ed elastico però essiccato si spezza senza grande sforzo, anche nell’anatomia del cane è decisivo se la forza viene esercitata su una parte muscolosa o su delle parti rigide dove sotto la pelle le ossa sono poco protette. Cosa caratterizza questa regione del corpo? Il torace è il portatore della pettorina. Il torace è costituito da 13 vertebre toraciche. Da ciascuna vertebra parte una coppia di costole che fa un grande arco verso il basso. Allo sterno, che è fatto di piccole ossicine simili a vertebre, le costole si riuniscono più o meno direttamente e chiudono il torace. Le ossa dello sterno formano una  sezione mobile. Lo sterno umano invece è una piastra ossea rigida. Sui lati a destra e sinistra si trovano le scapole, che sono collegate solo con dei muscoli. Un collegamento osseo come la clavicola umana manca al cane. Le scapole formano dalla parte davanti assieme all’omero le articolazioni scapolo-omerale. Si possono sentire bene alla parte anteriore del torso a destra e sinistra allo sterno centrale. Qua pizzica.Quando parti delle pettorina sfregano o calcano nelle ascelle possono verificarsi lesioni o irritazioni.

Nastri che scivolano

Guardando bene si può notare che ad ogni passo c’è abbastanza libertà di movimento per il cane. Se le articolazioni della spalla sono limitate per influenza esterna , come ad esempio la pettorina norvegese, non  solo disagio al cane (quale donna non ha mai imprecato per una bretella del reggiseno che era scivolata giù? E andare a fare sport così?) ma crea anche uno sforzo maggiore alle articolazioni sottostanti, soprattutto alle articolazioni del gomito. Le scapole si muovono decisamente avanti e indietro, così che strisce di tessuto che poggiano qui disturbano la naturale economia di movimento.Adesso la cintura del petto poggia sullo sterno, o almeno dovrebbe. Chi non ha mai provato a mettere una tavola in equilibrio su un rotolo? Al minimo movimento del rotolo la tavola scivola giù. Molto simile è la situazione della cintura toracica della pettorina. Visto che il cane è una creatura mobile, la cintura toracica non ha nessuna chance di rimanere sullo sterno. Scivola da una parte e calca sulle articolazioni molto delicate tra costole e sterno. O scivola nelle ascelle. Qua scorrono importanti nervi e vasi sanguigni che forniscono le gambe. Se parti della pettorina producono pressione o sfregamento nelle ascelle possono manifestarsi lesioni ai muscoli e/o irritazioni dei nervi fino alla paralisi.

Però nemmeno costole e sterno gradiscono la pressione.

Le cinghie di gran parte delle pettorine limitano le articolazioni di spalla e gomito.

Limitazione della respirazione

Le cinghie laterali del petto portano, in caso di una tirata laterale del cane, maggior peso sullo sterno mobile del cane.Inoltre queste cinghie scorrono sopra le costole. La funzione delle costole è di allargarsi e contrarsi nuovamente per produrre la sovra-e sottopressione nel torace, necessaria per la respirazione. Ancora una domanda alle signore: come ci si sente quando si deve correre con un reggiseno di una circonferenza minore del necessario? Ai signori manca il fiato solo al pensiero di una tale restrizione.Ora mi verrà probabilmente ribadito   che non bisogna stringere la pettorina così tanto. Ma anche il solo  fatto di tirare al guinzaglio è sufficiente per avere  come effetto una limitazione della respirazione . Un altro fattore a provocare disagio sono le grosse fibbie di molte pettorine che poggiano sulle costole. Se non si toglie subito la pettorina quando il cane si deve o vuole sdraiare , le fibbie calcano sul periostio sensibile delle costole. A chi piace dormire sulle briciole, per non parlare di cosettine in metallo e plastica?

Con la schiena lunga

Anche chi pensa di proteggere la lunga schiena del suo bassotto purtroppo si sbaglia! Il fattore decisivo è che sorge una piega (spezzatura) della colonna vertebrale: l’occhiello del guinzaglio si trova sopra la parte centrale/posteriore della colonna vertebrale toracica. La direzione di tiro ,e quindi l’angolo di leva, dipende dall’altezza del cane in relazione all’altezza del conduttore. Più piccolo è il cane, maggiore è la piega della colonna vertebrale a guinzaglio teso. Le misurazioni di pressione hanno dimostrato che la distribuzione di pressione più risparmiante si raggiunge con un collare largo e morbido in cui tutte le fibbie e l’occhiello del guinzaglio sono posizionato sulla parte superiore del collo.

Decidete voi stessi

Ci sono solo alcune eccezioni mediche per le quali è giusto scegliere la pettorina. Queste includono infortuni o malattie al collo, anche la tendenza al collasso tracheale (instabilità della trachea).Detto questo: scegliete voi gli attrezzi per condurre il vostro cane da un altro punto di vista che non sia   per moda o imposto dalle rigorose regole di un campo d’addestramento.

Ognuno deve decidere da solo cosa sembra il mezzo migliore per ogni singolo cane.