di Antonio Agus
Ho letto in questi giorni un articolo di Stanley Coren, psicologo americano che si occupa di cinofilia.
L’articolo si intitola “Possono gli addestratori dire al cane quando stanno sbagliando comportamento?”, e in pratica vorrebbe definire se l’utilizzo di un “marker” negativo, ovvero un segnale che avvisa il cane che il suo comportamento non gli permetterà di ricevere la ricompensa in quanto non si tratta del comportamento richiesto, sia efficace o meno.
L’articolo inizia con la descrizione di un Golden Retriever che in mezzo ad una serie di oggetti ne individua uno, viene “cliccato” ovvero confermato per mezzo di un marker positivo, il clicker, porta l’oggetto al conduttore e viene ricompensato.
A questo punto l’oggetto con l’odore del conduttore viene rimesso in mezzo agli altri, il cane si appresta nuovamente ad andare a prendere un oggetto ma questa volta anziché andare su quello corretto va verso un oggetto diverso, e il conduttore utilizza il marker negativo “Sorry!”. Il cane si ferma, guarda il conduttore e con aria mesta si dirige verso un altro oggetto, questa volta quello giusto e quindi il conduttore clicca e il cane va a prendere la sua ricompensa.
Il “clic” del clicker in sostanza rappresenta per il cane un marker positivo in quanto, attraverso il condizionamento, quel suono è stato associato all’arrivo del premio.
In realtà, quando si parla di marker positivi, non necessariamente si fa riferimento al clicker in quanto si possono tranquillamente utilizzare anche dei marker vocali come “OK!”, “SI’”, “BRAVO”… ecc., l’importante è che il cane li abbia chiaramente associati all’arrivo del premio.
Il marker negativo invece per il cane ha il significato opposto, ovvero NIENTE RICOMPENSA, e anche in questo caso si possono usare suoni come “Eh Eh!”, “HEY!”, “SORRY!”, ecc.
Il più comune esempio di addestramento con utilizzo di marker positivo, generalmente il clicker, è lo shaping, tecnica attraverso la quale modello il comportamento del cane per piccoli step progressivi avvicinandolo sempre di più al risultato che mi interessa.
In pratica ogni volta che il cane fa qualcosa che va in direzione del comportamento che desidero, lo clicco e lo ricompenso e il cane inizia quindi a lavorare per una sorta di “tentativi ed errori”.
In questa tecnica, se utilizzata “pura”, non si utilizzano marker negativi, i comportamenti sbagliati vengono semplicemente ignorati.
Normalmente però in addestramento i marker negativi, quelli per dire al cane “guarda che stai sbagliando”, vengono utilizzati (non stiamo parlando di tecniche basate sulla coercizione, ma di qualcosa che si avvicina di più al “condizionamento a fallire” di cui parlerò in un altro articolo ma che, per dirla in breve, serve ad impostare un segnale che indichi al cane che il suo comportamento fallirà, non facendogli quindi ottenere ciò che vorrebbe.)
Coren nel suo articolo si domanda se sia più efficace un sistema basato solo sull’utilizzo di marker positivi o un sistema che preveda anche di dire al cane quando sta sbagliando.
Racconta di aver parlato in passato della questione anche con Skinner, lo psicologo che per primo introdusse l’idea di marker positivi per l’addestramento (condizionamento operante di Skinner) e che non prevedeva dei marker negativi che avrebbero, secondo lui, l’effetto di una punizione.
Skinner avrebbe risposto al quesito facendo l’esempio del cruciverba: fare un cruciverba può essere rilassante e dare soddisfazione ma pensate a cosa accadrebbe se, ogni volta che pensate ad una parola da inserire e controllate se può essere giusta, qualcuno vi riprendesse immediatamente. Effettivamente è probabile che vi passerebbe la voglia di fare il cruciverba perché vi sentireste sotto pressione e finireste per stressarvi.
Secondo Skinner quindi, e anche Coren se ne convinse, l’utilizzo di marker negativi non sarebbe utile, anzi, persino controproducente.
Fino ad oggi tuttavia non c’erano evidenze scientifiche a sostegno di questa ipotesi, ma lo studio di una ricercatrice americana (Naomi Rotenberg (2015). Training a New Trick Using No-Reward Markers: Effects on Dogs’ Performance and Stress Behaviors. Master’s Thesis, Hunter College, New York) avrebbe confermato l’idea di Skinner.
Lo studio ha coinvolto 27 cani a cui doveva essere insegnato a mettere le zampe dentro un cerchio posto sul pavimento e secondo i risultati non ci sono dubbi: i cani che hanno lavorato senza il marker negativo e che venivano quindi ricompensati solo quando attuavano il comportamento corretto, imparavano meglio e più in fretta.
E’ davvero così? Dobbiamo eliminare i marker negativi nell’educazione e nell’addestramento dei nostri cani?
Chi mi conosce sa che sono sempre il primo a cercare conferme nella scienza, ma temo che prima di trarre conclusioni affrettate vadano analizzati più a fondo molti aspetti di questa questione.
Innanzi tutto questo studio è stato condotto commettendo diversi errori di metodologia, primo fra tutti il fatto che i cani non lavoravano con il proprio conduttore ma con un addestratore estraneo in un ambiente sconosciuto. Lasciamo però da parte questi errori e concentriamoci di più sulla teoria che porta a pensare che i marker negativi potrebbero essere controproducenti.
Cominciamo dal prendere in esame l’affermazione di Skinner secondo cui un marker negativo può avere un effetto punitivo.
E’ vero, può avere un effetto punitivo ma dipende; dipende dal rapporto che si ha con il cane, dipende da come viene impostato il lavoro, dipende dal cane, insomma, dipende da molti fattori.
In realtà, anche lo stesso “NON PREMIARE” può essere una punizione, si chiama PUNIZIONE NEGATIVA. Anche in questo caso dico “può essere” e non “è”, perché anche in questo caso dipende. Prendiamo il caso di un cane, estremamente vorace ed affamato, che vuole il pezzo di carne che ho in mano e cerca di individuare il comportamento corretto che lo porterà ad avere quella ricompensa: il non premiarlo per lui sarà eccome una punizione, perché gli impedirò di ottenere una cosa che desidera, il cibo.
Se invece di una cosa che desidera molto io in mano avessi una cosa di meno valore, mettiamo il caso di un biscottino con un cane che si è appena mangiato una bella ciotolona con tanta carne, questo cane potrebbe non avere molto interesse a cercare di proporre il comportamento che io desidero. Se lo proponesse e io premiassi certamente averi operato un rinforzo, ma se non mi proponesse quello corretto e io non lo premiassi, poco male, potrebbe anche decidere di mettersi a riposare o di fare altro.
In questi esempi ho preso due casi estremi ma serve per far capire come il premiare o meno possa cambiare l’effetto emotivo sul cane a seconda di diversi fattori.
Nel caso del cane affamato, un marker negativo che gli permettesse di arrivare più in fretta al risultato voluto perché gli avrebbe evitato di andare avanti a tentativi a vuoto e quindi ottenere il cibo, gli avrebbe risparmiato un bel po’ di frustrazione e quindi sarebbe stato molto più efficace ai fini dell’addestramento ma anche molto più gradito al cane stesso.
Pensiamo ora ad un altro cane, stavolta né completamente sazio né affamatissimo. Siamo in un parco sempre con il nostro marker positivo (consideriamo il clicker) e il cibo.
Vogliamo insegnare al cane a riportarci un oggetto e non useremo marker negativi.
Lanciamo l’oggetto e il cane lo va a prendere e torna verso di noi, marker positivo (click) e premio al cane. Ripetiamo la sequenza ma stavolta, mentre il cane va a prendere l’oggetto, si ferma, inizia a fiutare l’aria, si distrae dall’oggetto e inizia a gironzolare. Gironzolando finisce anche per trovare un pezzo di merendina vicino ad una panchina; cos’è accaduto? Semplice, il cane si è autogratificato facendosi i fatti suoi mentre noi siamo lì ad aspettare che vada a prendere l’oggetto.
Faccio un ultimo esempio, questa volta sui mei due cani, Brave (10 anni) e Jadd (1 anno e 5 mesi).
Quando passo l’aspirapolvere Brave da sempre è pronto ad attaccarla. Se non gli dico nulla, mi segue e aspetta il momento giusto. Ho provato a premiarlo in diversi modi per insegnargli a non farlo, ma per lui, i premi che gli posso dare in casa, sono meno gratificanti del cercare di mordere l’aspirapolvere quindi ignorarlo non serve proprio a nulla.
Diverso invece con Jadd. Lui le prime volte che si è dimostrato incuriosito dall’aspirapolvere l’ho ignorato e una volta che per caso, mentre la passavo, si è messo sulla sua brandina, l’ho lodato e coccolato. Da quel giorno, ogni volta che passo l’aspirapolvere Jadd tende a mettersi sulla sua brandina e io regolarmente lo rinforzo con coccole e lodi.
Brave e Jadd sono due cani che, seppur della stessa razza, hanno due caratteri totalmente diversi. Entrambi preferiscono il gioco al cibo ma Brave molto più di Jadd. Brave ama mordere, combattere ed è un cane estremamente eccitabile e nevrile, mentre Jadd è un po’ più tranquillo.
Con un cane come Brave lavorare senza marker negativi significa stressarlo di più, sia perché quando lavoriamo la sua motivazione sul gioco è elevatissima, quindi vuole arrivarci il più in fretta possibile, sia perché per lui il marker negativo non rappresenta una punizione ma anzi, una sorta di “aiuto”, di modo di collaborare. Mi viene in mente quando facciamo attività di fiuto e gli nascondo un oggetto o il gioco; se lui si dirige nella direzione sbagliata e io uso un marker negativo, lui molto serenamente cambia direzione e alla fine arriva prima all’oggetto risparmiando fatica e frustrazione.
Naturalmente il cane va allenato anche da questo punto di vista. Per fare in modo che il marker negativo non sia vissuto come una punizione ma come un “suggerimento”, un modo di collaborare, è necessario che vi sia un buon rapporto cane-conduttore e che il cane abbia imparato un po’ alla volta a non scoraggiarsi. Anche nel caso del lavoro solo con marker positivi è fondamentale che il cane sia allenato e che sappia gestire bene la frustrazione perché vi assicuro che possono andare davvero in crisi non riuscendo a capire il comportamento richiesto e il conduttore dovrà essere estremamente abile ad aumentare la difficoltà in modo molto graduale.
Ricordiamo sempre che il cane è un animale creato dall’uomo per collaborare con l’uomo e, specialmente nel caso di alcune razze, è assolutamente normale per lui “chiedere” indicazioni al conduttore per riuscire nella risoluzione di un problema come anche dimostrato da diversi studi.
In conclusione, quello che suggerisco è come sempre di osservare il cane, il suo stato emotivo e la sua risposta ai nostri metodi. Impariamo ad utilizzare il sistema più congeniale a noi e a lui e, contemporaneamente, se ci accorgiamo che il cane non sa gestire la frustrazione, è insicuro, totalmente dipendente da noi, potremo fare un po’ di lavoro in shaping (quindi usando solo marker positivo) per allenarlo sotto questi aspetti.
Se al contrario abbiamo a che fare un cane che tende ad essere più autonomo, inserire un marker negativo per insegnargli che collaborare con noi è conveniente perché gli daremo indicazioni per arrivare più in fretta all’obbiettivo, potrebbe essere estremamente utile.